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In aumento le patologie respiratorie pediatriche correlate

Roma, 31 mag. (askanews) – “Sono in aumento le patologie respiratorie pediatriche da fumo passivo”. L’allarme viene dalla Simri, la Società Italiana per le Malattie Respiratorie infantili in occasione del World No Tobacco Day, la giornata mondiale contro il fumo promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che si celebra oggi. “Tanti, troppi genitori e adulti fumano in ambienti frequentati dai bambini o entrano in contatto con loro immediatamente dopo il fumo. Il 52% dei bambini subisce il fumo passivo. Il 49% dei neonati è figlio di almeno un genitore fumatore e il 12% ha entrambi i genitori fumatori. L’esposizione al fumo passivo nei bambini e negli adolescenti può causare seri problemi cardiovascolari e neurocognitivi”, afferma la Simri nel decalogo stilato per la giornata mondiale curato da Stefania La Grutta, responsabile Unità di Ricerca di Pneumologia e Allergologia Pediatrica dell’Istituto di Biomedicina e Immunologia Molecolare (IBIM) del CNR di Palermo. “Nel mondo ogni anno oltre 60mila bambini muoiono per patologie legate al fumo passivo. I bambini esposti al fumo passivo corrono un rischio superiore ai loro coetanei di sviluppare asma e allergie, bronchiti, polmoniti, otiti e meningiti. Nei neonati esposti aumenta il pericolo di morte in culla – aggiunge il presidente della Simri Giorgio Piacentini, professore ordinario di Pediatria e direttore della Scuola di Specializzazione in Pediatria dell’Università di Verona – oggi possiamo affermare con certezza che l’aumento dei nati pretermine, è molto più forte nelle donne fumatrici. Fumare in gravidanza, inoltre, aumenta il rischio di basso peso alla nascita e di comparsa di disturbi respiratori nei primi anni vita del bambino”. “Non bisogna stare attenti solo al fumo passivo ma anche a quello cosiddetto di “terza mano”, pericoloso quanto quello diretto, cioè quello di cui si impregnano gli abiti del fumatore e i locali e i tessuti dove si fuma. Fumare favorisce l’insorgenza di patologie cardiache, dei vasi sanguigni e dei polmoni: tutte malattie che oltre ad accorciare la durata della vita, talvolta sono causa di grave invalidità. Le persone esposte abitualmente al fumo passivo hanno un rischio di cancro e malattie cardiache e respiratorie superiore alla media. Rischio che nei bambini aumenta in maniera considerevole”, conclude Piacentini che ricorda l’impegno della Simri con la campagna “Diamo un calcio al fumo” che quest’anno, in occasione nel congresso nazionale che si terrà a Bari in autunno, culminerà in una serie di iniziative rivolte ai ragazzi delle scuole primarie e secondarie.

Fonte: askanews.it

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Lo afferma un'indagine del Sole 24 Ore

Roma, 20 mag. (askanews) – Bolzano, Pescara e Nuoro sono le città dove gli italiani godono di miglior salute. Lo afferma un’indagine del Sole 24 Ore, oggi in edicola, che ha stilato una classifica sulla base di 12 indicatori diversi. Sul podio per miglior livello di salute si trovano dunque nell’ordine Bolzano, Pescara e Nuoro. Di contro, l’indice assegna la maglia nera a Rieti, con Alessandria e Rovigo penultima e terzultima. Tra le grandi città, Milano e Firenze sono le uniche a comparire nella top ten, che include tre province della Sardegna (Nuoro, Sassari e Cagliari) e due lombarde (oltre a Milano, Brescia). Complessivamente, aggregando le performance delle province su base regionale, i risultati migliori sono quelli delle due province del Trentino alto Adige seguite dalle sarde, lombarde e dalle venete; all’ultimo posto le province laziali, inseguite negativamente da quelle della Basilicata e della Campania. In cima alla classifica per l’incremento maggiore della speranza di vita media è la provincia di Gorizia (ben 4,6 anni in quindici anni), dove si vive in media 83,2 anni. Guardando ai singoli indicatori, dalla classifica emerge che Alessandria e Genova registrano la maggiore incidenza di mortalità per tumore, mentre Ferrara è in cima alla classifica per casi di infarto miocardico acuto assieme a Rovigo, provincia che tra l’altro risulta più penalizzata per la scarsa disponibilità di medici di medicina generale rispetto alla popolazione residente e penultima per l’incidenza di pediatri in rapporto agli under 14. A Lucca si segnala la scarsità di geriatri in rapporto alla popolazione anziana over 65, mentre nelle province di Sud Sardegna e Vibo Valentia la recettività ospedaliera, in termini di posti letto pro capite, è ai minimi; l’emigrazione ospedaliera, che fotografa i pazienti “costretti” a farsi curare fuori regione, è un fenomeno che registra il picco negativo a Isernia e l’Aquila. La classifica finale è il risultato della media dei punteggi ottenuti dai diversi territori nei 12 indicatori presi in esame che fotografano tre aspetti fondamentali del benessere della popolazione: alcune performance demografiche registrate negli ultimi anni (ad esempio l’incremento della speranza di vita alla nascita), alcuni fenomeni socio-sanitari (come la mortalità annua per tumore e per infarto e il consumo di farmaci per asma, diabete e ipertensione) e le capacità dei servizi sanitari territoriali (dall’emigrazione ospedaliera alla disponibilità di posti letto e di medici, pediatri e geriatri in rapporto alla popolazione). L’indice per la prima volta quest’anno verrà utilizzato nella Qualità della vita 2019, la classifica che storicamente viene pubblicata a fine anno e che misura i livelli di benessere del territorio. Quest’anno la storica indagine del Sole 24 Ore compie 30 anni dalla sua prima edizione pubblicata nel 1990 e, per l’occasione, verrà anticipata da una serie di tappe tematiche di avvicinamento durante l’anno.

Fonte: askanews.it

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200mila gli italiani che hanno trovato una cura.

Triplicate in 40 anni le diagnosi di celiachia200mila gli italiani che hanno trovato una curaTriplicate in 40 anni le diagnosi di celiachiaRoma, 14 apr. (askanews) – Da malattia rara a malattia cronica: quarant’anni fa la celiachia era sconosciuta, potevano passare molti anni prima di arrivare alla diagnosi e veniva riconosciuto appena un caso su mille. Ora le diagnosi sono triplicate, si identifica un caso ogni 286 e in questi quattro decenni 200.000 italiani hanno potuto dare un nome a dolori quotidiani, diarrea, emicrania, infertilità trovando finalmente una cura per la loro malattia grazie al contributo di AIC. È pensando a tutte le vite negate dalle diagnosi mancate che l’Associazione Italiana Celiachia (AIC) celebra oggi il suo quarantesimo compleanno, con una cerimonia a Roma e l’Assemblea Nazionale annuale in cui si affronteranno le sfide ancora aperte. Perché se è vero che tanti hanno potuto conoscere e affrontare il loro problema grazie alla diagnosi di celiachia, il divario fra i pazienti diagnosticati e i celiaci attesi è ancora troppo ampio: sono circa 400.000 gli intolleranti al glutine che ancora non lo sanno, ‘pazienti camaleonte’ che hanno spesso sintomi insoliti e vanno però individuati per poter migliorare la qualità della loro vita. “Negli ultimi quarant’anni le storie dei celiaci sono per fortuna molto cambiate. Quattro decenni fa erano storie di persone che lottavano per anni con sintomi che nessuno sapeva riconoscere: bambini che non crescevano, donne che non riuscivano ad avere figli senza un perché, persone in costante lotta con il sottopeso, i dolori addominali, la diarrea- spiega Giuseppe Di Fabio, Presidente AIC – Nel 1979 il paziente celiaco era una rarità, da un caso ogni 1000 individuato si è passati a uno ogni 286, oggi, i pazienti con i sintomi classici vengono riconosciuti molto velocemente, nei bambini a volte si pone la diagnosi anche prima di un anno di vita. Ciò significa poter vivere in modo normale e senza disturbi con la dieta di esclusione, sempre più agevole grazie anche al continuo lavoro di sensibilizzazione di AIC che ha consentito di ampliare moltissimo la quantità di prodotti senza glutine, presenti non più solo in farmacia ma in abbondanza in tutti i supermercati e nei negozi specializzati e di potersi recare in moltissimi ristoranti senza alcuna paura”. Tuttavia non mancano le ombre. Nonostante l’impegno di AIC sia sempre stato alto, senza mai abbassare la guardia, la diagnosi non è ancora un nodo risolto e solo il 30% dei pazienti risulta diagnosticato rispetto a una popolazione attesa di 600.000 celiaci.


Fonte: askanews.it

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